La partecipazione alle decisioni rafforza l’aiuto
Da quindici anni la CBM ha esteso il suo impegno alle persone con disabilità psicosociali nei paesi poveri. Lo psichiatra Julian Eaton, responsabile dell’azione globale della CBM nel campo della salute psichica, spiega perché, quali sono gli interventi concreti e quali i risultati raggiunti finora.
Perché la CBM investe nella salute psichica?
Nelle regioni povere del mondo, per molte persone lo stress, la miseria, la mancanza di sicurezza, l’emarginazione e le disabilità sono problemi costanti e difficili da sopportare. C’è anche chi soffre di depressione, ansia o schizofrenia, ma nell’Africa subsahariana il 90 per cento dei malati non riceve alcun trattamento! La CBM migliora l’accesso a cure psichiatriche di qualità e contribuisce a ridurre l’emarginazione sociale.
Da quanto tempo la CBM è attiva in questo ambito?
Nella provincia indonesiana di Aceh, dopo lo tsunami del dicembre 2004 la CBM ha creato insieme a partner locali un servizio psichiatrico che funziona tutt’ora. È un esempio di come la ricostruzione può portare a un’infrastruttura migliore di quella preesistente, un lavoro che l’Organizzazione mondiale della sanità ha lodato. Da allora la CBM ha attuato oltre quaranta progetti nel mondo affinché le persone con disabi- La partecipazione alle decisioni rafforza l’aiuto lità psicosociali abbiano accesso a cure psichiatriche, ad attività professionali, all’istruzione e alla presa di decisioni politiche.
Di quali compiti si occupa lei?
Sostengo il nostro personale specializzato nel garantire un’alta qualità dei servizi, e aiuto a orientare e dirigere il lavoro psicosociale della CBM. Collaboro anche con l’OMS e altre organizzazioni internazionali perché l’assistenza sanitaria in questo ambito migliori in tutto il mondo. Mi occupo inoltre di ricerca per capire come rendere i servizi psicosociali più efficaci. Con che cosa sono confrontate le persone con disabilità psicosociali che
Conche cosa sono confrontate le persone con disabilità che vivono nelle regioni povere?
Il più delle volte non ricevono cure professionali, sono stigmatizzate e svantaggiate. Sono costrette a convivere con i sintomi della malattia e al contempo subiscono un rigetto sociale, poiché un disturbo psichico è spesso considerato un peccato o un castigo divino che i malati meritano. A volte la paura e la disperazione inducono i familiari a legare un parente malato o a maltrattarlo in altro modo.
Come aiuta la CBM?
Cerchiamo partner locali che sostengono determinate comunità sul posto. Se si vogliono davvero aiutare le persone con disturbi psichici, occorre infatti conoscere bene la cultura a cui appartengono. Elaboriamo, attuiamo e valutiamo i progetti insieme ai nostri partner. In tal modo, la CBM si assicura che i collaboratori di progetto lavorino nel rispetto della cultura locale, con tutte le conoscenze necessarie e secondo standard elevati. I partner si occupano anche di sensibilizzazione, affinché le persone con malattie psichiche siano accettate e trattate in modo dignitoso.
Che cosa ha realizzato finora la CBM?
Ha aiutato centinaia di migliaia di persone che altrimenti sarebbero abbandonate al proprio destino e maltrattate. In Bolivia, per esempio, grazie alla CBM oggi i bambini con difficoltà di apprendimento hanno prospettive future decisamente migliori. E in Burkina Faso è finalmente possibile accedere a cure psichiatriche di qualità. In altri paesi, come l’India, il Malawi, il Kenia, la Nigeria, il Ghana e la Sierra Leone, la stigmatizzazione in seno alle comunità rurali si è ridotta. Siamo inoltre stati al fianco di persone ammalatesi psichicamente durante catastrofi naturali o epidemie come l’ebola e il Covid-19.
Che cos’è cambiato a livello globale?
Quando ho cominciato a lavorare per la CBM quindici anni fa, la cooperazione internazionale non si occupava di salute psichica. Oggi la sua importanza è invece riconosciuta e ci sono Stati che investono risorse sempre maggiori in questo campo. Al contempo, la CBM ha fornito un contributo fondamentale alla costituzione di organizzazioni di autorappresentanza che vengono ascoltate sul piano internazionale. Si è così diffusa la convinzione che le persone con disabilità psicosociali devono poter partecipare alle decisioni relative alle loro cure. Prima, era raro che si tenesse conto delle loro opinioni.
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